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Un’altra Monza Resegone

Ancora una volta ho voluto provare la sensazione di raggiungere in piena notte Capanna Monza. Prendere parte a una gara che non ha niente di tradizionale: dall’orario di partenza, all’articolazione del percorso, alla modalità di partecipazione. Forse è proprio per questo che mi piace così tanto. Per il suo essere così poco convenzionale. In 61 edizioni è sempre rimasta uguale a sé stessa, continuando ad andare per la sua strada.

Mi fa male pensare che una corsa che tanto adoro abbia perso di prestigio negli anni. Sempre meno squadre partecipanti e sempre meno comunicazione e pubblicità sul territorio. Una cosa però è rimasta immutata: il calore delle persone lungo il percorso.

Fiumi e fiumi di persone a bordo strada in ogni centro abitato che la gara attraversa: Villasanta, Arcore, Usmate, Osnago, Calco, Calolziocorte, Erve. Come una band fa il suo ingresso sul palcoscenico accolto dalle urla dei suoi fans le squadre della Monza Resegone hanno fatto il loro ingresso nei paesi, incitati delle grida di incoraggiamento degli spettatori. Perfetti sconosciuti scesi per strada ad incitare altrettanti perfetti sconosciuti. Qualche volto noto era presente se consideriamo amici e parenti. Il resto delle persone ammassata dietro le transenne ha deciso di fermarsi e dedicare qualche minuto del suo sabato sera per applaudire e gridare “bravi!” alle squadre che mano mano transitavano. Chi correva l’uno accanto all’altra, chi in fila indiana, chi si sparpagliava a destra e sinistra dando il cinque a chi allungava la mano. A ciascuna squadra il suo stile e la sua personalità. Ma a tutte lo stesso tifo.

In questo suo aspetto mi ricorda alcune delle grandi maratone che ho corso all’estero: New York, Londra, Valencia. Città intere che si fermano per assistere allo spettacolo messo in scena dagli aspiranti maratoneti. Ma la Monza Resegone non può essere paragonata a una classica maratona.

A Calolziocorte la strada da pianeggiante inizia a salire. Davanti a noi rampe di scale di pietra da lasciarci alle spalle, gradino dopo gradino, spinti dalle parole dei presenti che ci esortavano a tenere duro e non mollare. Un ultimo tratto di strada buia separava dall’arrivo a Erve e dal cancello orario.

Mentre correvo in questo tratto di strada, uno degli ultimi tratti di strada asfaltata, ho alzato lo sguardo che avevo tenuto fino a quel momento basso.

Guardate in alto, si vedono le stelle!

Il cielo sopra di noi era cosparso di stelle. Alcune più piccole altre più grandi e luminose, quasi come se da lassù, con il loro bagliore, stessero facendo il tifo per noi e stessero cercando di comunicarcelo.

É stato in quel momento che ho ripreso coscienza di me e di quel che stavo facendo. Dopo aver trascorso due terzi della gara a combattere contro una giornata decisamente no, facendo appello alla sola energia che poteva trasmettermi la mia mente, là dove per molti inizia la crisi per me è iniziata quella che definirei una specie di rinascita.

Quella che fino a quel momento si era configurata come una maratona, una volta arrivati ad Erve si trasforma in una gara di montagna. L’asfalto cede il testimone al sentiero sterrato che ben presto diventa addirittura roccioso. Più che correre ci si deve arrampicare per procedere. Così ci si ritrova nel bel mezzo della notte a farsi strada più o meno facilmente con la luce della propria torcia frontale sperando di alzare lo sguardo e vedere finalmente uno scorcio della Capanna Monza.

Stanchi e assetati, non desideravamo altro che avere quel miraggio, che ha tardato ad arrivare ma alla fine è arrivato, e non si è trattato solo di un semplice miraggio. Era realtà.

La nostra Monza Resegone si è conclusa in 4 ore 55 minuti e qualche secondo. Ci siamo dati tutti e tre il cinque e insieme ai miei due compagni di squadra, Melo e Il Motta, ci siamo chiusi in un abbraccio che è valso più di mille parole.

A quel punto una qualsiasi altra gara si sarebbe potuta dire conclusa. Ma non la Monza Resegone che prevede il rientro a Erve a piedi passando non più dal Prà di Ratt affrontato in gara ma dal sentiero San Carlo. Un “recupero attivo” messo in atto in tempi record!

Ubriachi di endorfine abbiamo riso, scherzato e bevuto chi caffè chi prosecco con gli alpini che ci aspettavano sul sentiero con il loro banchetto apparecchiato di tutto punto. Anche questo fa parte della gara. Stare in ballo 12h, perdere una notte di sonno e rincasare alle 7 del mattino.

É una gara tutt’altro che banale, che richiede versatilità e adattabilità su più fronti. Il fatto di affrontare in squadra tutto quel che si presenterà sul cammino è al tempo stesso un punto di forza e di debolezza. La vittoria di uno è la vittoria di tutti, ma lo stesso vale nel caso della sconfitta. La squadra rimane unita in ogni evenienza.

Ringrazio i miei due compagni di squadra, Melo e Il Motta, senza i quali questa edizione non sarebbe stata la stessa. Un grazie sincero anche a chi ha vissuto questa esperienza con noi in vesti diverse, ovvero quelle di ciclisti di supporto al team: Marco Coletti, nonché nostro sponsor e il mio grande amico Angelo con cui ho corso 3 delle mie 4 partecipazioni a questa gara fantastica. Infine ringrazio Daniele per aver realizzato la bellissima grafica della nostra divisa realizzata da Slopline.

La Monza Resegone o la ami o la odi. Per me è decisamente amore!

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