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Correre con me. E le Ultrafly 3.

Ci risiamo. Per la seconda volta. Da una parte un virus che non vuole abbandonarci, dall’altra noi che ci aggrappiamo, con tutta la forza che ci resta, alle nostre abitudini, che rischiano di scivolarci tra le dita, dpcm dopo dpcm. Ma per il momento la presa è salda.

Da un giorno all’altro mi ritrovo a correre da sola. Gli appuntamenti settimanali e del weekend con i miei amici sono annullati. Chissà per quanto. Non è mai stato un problema allenarmi in solitaria, ma nell’ultimo periodo ho sentito il bisogno di avere qualcuno accanto. Per parlare. Ridere. Condividere, pensieri e fatica. L’unica compagnia rimastami è la mia, ed è l’unica che in questo momento avrei voluto evitare. Troppi pensieri, dubbi, insicurezze con cui non avrei voluto fare i conti. Cerco di zittirli con la musica, ma il loro volume è più alto.

Ultimamente le giornate sono spesso e volentieri nuvolose. Il mio umore non ne giova. Guardo fuori dalla finestra. C’è una luce fredda che illumina case e tetti, tipica di novembre. Il termometro segna 10°. La temperatura perfetta per correre. Prendo le Ultrafly 3, le calzo, regolo bene l’allaccio con l’ausilio degli occhielli superiori, e faccio il doppio nodo. Sistemo la linguetta, senza cuciture e integrata con la tomaia, ed esco di casa.

Faccio qualche saltello sul posto nell’attesa che prenda il segnale gps. Ora lui è pronto, io un po’ meno. Premo il pulsante dello start e parto.

Mentre corro i primi metri mi domando “che giro faccio oggi?”. Come se avessi l’imbarazzo della scelta. Da marzo sono tornata nel paese dove sono cresciuta, e da dove sono “corsa via” qualche anno fa. Una realtà che ho iniziato a sentire troppo stretta per me. Mi sono trasferita in città, e ho costruito la mia indipendenza, con una casa e un lavoro. Oggi mi ritrovo al punto di partenza e mi rendo conto che qualcosa è rimasto invariato, il paese, e qualcosa è cambiato da allora: quella sono io.

Corro e ripasso nella mente i nomi delle vie. Imbocco un viale alberato. Resto sul marciapiede, facendo attenzione a dove appoggio i piedi. C’è un tappeto di foglie un po’ gialle, un po’ arancioni, che copre buche e radici sporgenti. Le foglie rendono anche la superficie di appoggio un po’ scivolosa. Con la suola in gomma procedo tranquilla.

Distolgo lo sguardo dal suolo e riconosco sulla destra le scuole elementari che ho frequentato e, poco più avanti, le scuole medie. Sono esattamente come me le ricordavo. Un po’ come la sensazione di correre con un modello Topo Athletic: le dita dei piedi sono libere di muoversi nell’ampia toe box, il differenziale inferiore rispetto ai tradizionali, con un drop di 5 mm, incoraggia un’andatura più naturale. La maggiore attivazione muscolare che ne deriva si sente.

Svolto l’angolo e le foglie sul marciapiede sono sparite. Resta il nudo asfalto. Qui sfrutto appieno tutta la stabilità e ammonizzazione che le Ultrafly 3 mi restituiscono. L’intersuola in ZipFoam riesce ad essere più morbida nella zona a contatto con il piede e allo stesso tempo mantenere solidità lungo il perimetro e sul fondo. La zona del tallone ha una schiuma più solida in EVA combinata con un rinforzo esterno in TPU per fornire più supporto.

Ho già percorso qualche km. I muscoli sono caldi. Corro e mi guardo in giro, come se non fossi mai stata qui. Qualcosa è cambiato. O forse sono semplicemente io ad essere diversa. Le piazze mi abbracciano, le strade mi indicano il percorso, i palazzi e le case mi salutano. Non mi sento più nel posto sbagliato. Mi sento a casa.

Tutto a un tratto restare sola con me stessa non è più un problema. Perché non mi sento sola.

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This is for me
Parola d’ordine: condivisione

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