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Una giornata da pro

Un pullman come casa. Uno staff per famiglia.

È lo scenario che si prospetta al ciclista professionista che si ritrova a vivere una doppia vita: quella da atleta e quella di padre, marito, figlio, fratello.

Lo scorso 27 maggio ho potuto vedere da vicino ciò che accade dietro alle telecamere e agli obiettivi di una squadra World Tour impegnata al Giro d’Italia.

In occasione della 19ª tappa del Giro sono stata ospite della squadra Groupama Fdj.

La squadra si trovava a Marano Lagunare in vista della partenza della terzultima giornata prima della conclusione della corsa rosa.

Ogni tappa prevede lo spostamento di mezzi, persone e materiali, difficile da ricordare in che numeri e quantità.

Ognuno ha un compito assegnato e ben preciso che deve assolvere quotidianamente.

Una realtà che potrebbe sembrare non discostarsi molto da quella che ciascuno di noi vive quotidianamente. Se non fosse che le nostre lavatrici non si trovano nel portabagagli di un pullman.

Su quelli che sembrano solo apparentemente semplici pullman ci sono schermi tv, angoli cottura, docce, tavolini che all’occorrenza si trasformano in lettini per i massaggi.

Aggirarmi tra le poltrone dove siedono i corridori, vedere i loro caschi, scarpe e i loro effetti personali sparsi qua e là mi ha fatto sentire quasi a disagio. Mi sembrava in qualche modo di invadere il loro spazio, la loro intimità, come se stessi spiando senza permesso in camera di un adolescente. L’essere lì presente mi ha fatto rendere conto di quanto quel luogo potesse assumere il significato di casa, una casa da condividere per giorni e settimane. Mi sono guardata attorno, ho osservato con curiosità ma al tempo stesso con rispetto.

Lo stesso rispetto che questo mezzo porta verso il codice della strada e nei confronti di tutti i ciclisti che incontra quando è in moto.

Parcheggiato a pochi metri c’era un altro pullman adibito a officina meccanica: è qui che vengono settate e preparate le biciclette dei corridori. Al termine di ogni tappa ogni ragazzo da indicazioni ai meccanici su come vorrà trovare pronta la bici per il giorno seguente. Tutte le misure, la tipologia di ruote con relativa pressione, vengono appuntate su un foglietto utilizzato come promemoria.

Una volta pronte le bici vengono posizionate sulle ammiraglie in ordine non casuale. Esiste uno schema secondo cui ogni bici trova il suo posto in modo tale che in caso di sostituzione il meccanico a bordo, seduto sul sedile posteriore, possa velocemente recuperare la bici del corridore che ne ha bisogno.

I corridori della Groupama Fdj utilizzano biciclette Lapierre, brand francese con oltre 75 anni di esperienza. La partnership tra la squadra e il brand, basata su un continuo confronto tra ingegneri e corridori, dura da più di 15 anni. Il contributo dei ciclisti professionisti ricopre da sempre un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle bici, che vantano alti standard tecnici e qualitativi, massima qualità e affidabilità dei materiali oltre che di un elegante design.

Nel baule dell’ammiraglia vengono riposte le borse in cui ciascun corridore ha posizionato accuratamente ogni cambio nell’apposito scompartimento, per essere certi di avere sempre tutto l’occorrente durante la corsa.

Tuttavia non si può gareggiare bene se non si è dormito bene. Ed è per questo motivo che esiste un van dedicato appositamente al trasporto dei materassi dei corridori. All’arrivo in ogni hotel il personale della squadra si occuperà di far trovare in ogni camera il proprio materasso personale.

Dormire su un buon materasso è sicuramente fondamentale, ma lo è altrettanto poter contare su un’alimentazione che sia all’altezza degli sforzi a cui si sottopongono questi atleti.

È Vanessa la cuoca della squadra, colei che prepara l’approvvigionamento per tutto lo staff al gran completo, perché anche chi lavora dietro le quinte ha bisogno di energia per svolgere appieno il proprio lavoro.

Ho assistito alla preparazione delle omelette che sono state servite come colazione e successivamente ho visto preparare alcuni pranzi al sacco a base di ricche e colorate insalate di pasta.

Sulla porta del van cucina c’è appesa una lavagna con scritto a gessetto accanto al nome di ogni corridore cosa preparare e in quali proporzioni.

Come energia da assumere durante la competizione viene preparata la famosa torta di riso com’è stato svelato da Steve Morabito, ex corridore e ora membro dello staff della squadra. Preparata in grandi quantità viene porzionata in quadrotti e assunta al posto di una barretta o di un gel come ricarica di energia.

E a proposito di energia, un gruppo di persone si dedica solo ed esclusivamente alla preparazione delle borracce su cui vengono indicate le concentrazioni di sali e/o maltodestrine. Una volta pronte vengono riposte nei frigo che verranno poi caricati sulle ammiraglie che seguiranno i corridori in corsa.

Quando si prospettano giornate particolarmente calde oltre ai frigo con le borracce, sulle ammiraglie ne viene caricato uno pieno di cubetti di ghiaccio. Durante la corsa il meccanico taglia e lega collant femminili che verranno riempiti di ghiaccio per poi essere passati ai corridori durante la giornata per dar loro un po’ di sollievo dalle alte temperature. Vengono utilizzati collant da donna con numero di denari differenti in base a quanto velocemente si vuole far fuoriuscire l’acqua scioltasi dai cubetti di ghiaccio.

Ognuno ha il suo ruolo, come in una perfetta catena di montaggio che non si ferma mai.

Ho potuto vivere l’inseguimento dei corridori durante lo svolgersi della tappa insieme a Steve e Fabrice, hospitality manager della squadra. A bordo di uno dei pullmini Groupama abbiamo aspettato il passaggio dei ragazzi al km 0 per poi riportarci sul tragitto e proseguire lungo il percorso.

Attraverso gli aggiornamenti in diretta trasmessi da una radiolina eravamo al corrente in tempo reale dell’andamento della corsa.

La tappa prevedeva uno sconfinamento in Slovenia. Attendere i ciclisti a Caporetto, a bordo strada, in mezzo a tifosi così euforici e calorosi, grandi e piccini, mi ha dato una bella scarica di adrenalina.

Mentre ci spostavamo verso la zona d’arrivo al Santuario di Castelmonte, ho guardato scorrere il paesaggio fuori dal finestrino, pensando a quanto sarebbe stato bello vivere quelle stesse strade, strette, sinuose e immerse nelle montagne, in sella alla mia bicicletta, non da spettatrice ma da protagonista.

Ai piedi dell’ultima salita ho visto la determinazione di Valter Attila nel volersi andare a prendere la vittoria di tappa così come gli ho visto dipinta sul volto la rabbia mista a delusione quando dopo non esserci riuscito è rientrato al pullman a fine giornata. Non sempre abbiamo i finali che ci immaginiamo. È giusto lottare per ottenerli, crederci fino in fondo. Se poi non dovessero arrivare si dovrà imparare ad accettare la sconfitta e fare tesoro dei propri errori.

Proprio come io farò tesoro di questa esperienza unica, che mi ha aperto una nuova finestra su un mondo che conoscevo poco e vedevo lontano da me, quasi inarrivabile. Prima di essere dei ciclisti professionisti, Arnaud, Jacopo, Valter, Clément, Tobias, MilesRamon sono degli uomini che una volta assolti i compiti derivati dal loro lavoro vestono i panni di padri di famiglia, fidanzati innamorati che chiamano o videochiamano casa per sentire le voci e vedere i volti dei loro cari, cercando di gestire al meglio la lontananza che a volte può minare la solidità dei rapporti.

Quando li ho incontrati uno ad uno non mi è sembrato di cogliere sui loro volti nessuna espressione di preoccupazione o tensione che potesse derivare dalle numerose pressioni e difficoltà che devono fronteggiare quotidianamente. Di loro ricorderò invece i calorosi e amichevoli sorrisi, gli sguardi vivaci e amichevoli, la cordialità e la disponibilità.

Ogni volta che ripenserò a loro li immaginerò a bordo della loro casa mobile, con Jacopo “alla consolle” mentre sceglie le playlist che faranno da colonna sonora ai loro viaggi di trasferimento, non sempre ben accette da tutto il gruppo.

Resteranno nella mia memoria come una grande famiglia, che mi ha accolto a braccia aperte facendomi sentire per un giorno intero una di casa.

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Da Arco ad Arco

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