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Road to Passatore: secondo lungo alla Paris marathon

Mentre sono sull’aereo che mi riporterà a Milano, durante la fase di decollo, guardo le strade e le case diventare sempre più piccole man mano che prendiamo quota. Sotto di me c’è la capitale francese, che lascio con un po’ di malinconia. Il giorno dopo aver corso una maratona sono sempre un po’ triste, perché mi rendo conto che è “già tutto finito”. Chiudo gli occhi e ripercorro con la mente le giornate parigine, per fissare nella memoria i ricordi

Parigi mi ha accolto lo scorso venerdì pomeriggio con temperature piuttosto rigide per essere primavera inoltrata. Fuori dall’aeroporto, in attesa del taxi che mi avrebbe portato al B&B dove avrei alloggiato, nei pressi della Tour Eiffel, ho cominciato a fare mente locale sull’abbigliamento che avevo scelto da indossare in gara, cominciando a temere che fosse troppo leggero.

Queste sensazioni si sono volatilizzate quando sono uscita a correre sabato di prima mattina. Avevo in programma 40 minuti di corsa leggera pre maratona. Ho iniziato a muovere i primi passi a Champ-de-Mars per poi ritrovarmi faccia a faccia con la Tour Eiffel in tutta la sua imponenza. L’ho costeggiata per poi ritrovarmi a correre lungo la Senna, guardando all’orizzonte il sole sorgere. Folate di aria fredda mi tagliavano la faccia ma a parte questo il clima era ideale per correre. Ho incrociato parecchi runner con i quali ci siamo scambiati sguardi di intesa e saluti, ovviamente alla francese “Bonjour” “Bonjour madame”. Alcuni di loro si stavano allenando al pari della sottoscritta, altri probabilmente si stavano recando al punto di partenza della Breakfast Run, corsa non competitiva di 5 km che avrebbe inaugurato il week end della maratona.

Questi primi km parigini mi hanno dato una scarica di adrenalina incredibile! Ma il momento più bello e ricco di emozioni, la maratona, doveva ancora arrivare. Dopo un’abbondante colazione a base di frutta fresca, yogurt, crostata, che non può mai mancare in procinto di una gara lunga, e caffè, mi sono preparata per la “commissione” più importante della giornata: il ritiro del pettorale. L’expo è stato allestito al Parc des Expositions de la Porte de Versailles, nella zona più periferica della città, ma facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Dopo aver ritirato il mio ottavo pettorale di una 42k mi sono concessa un po’ di shopping negli stand dei vari espositori, tra cui il mio preferito, BV Sport, brand francese di cui utilizzo ormai da tempo e con costanza calze da gara, booster e le mie adorate calze da recupero PRORECUP ELITE EVO.

Terminato il giro all’expo avrei dovuto trascorrere un pomeriggio tranquillo. Ovviamente non è andata così, perché ho camminato tutto il tempo per le vie di Parigi. Non avevo per niente voglia di starmene buona e calma in camera, ero troppo su di giri per riuscire a rilassarmi. E poi sentivo di avere energie da vendere!

La sera, come di consueto, ho consumato un bel piatto di pasta in perfetta modalità “carboload”. Curare l’alimentazione è un aspetto che non trascuro mai, specialmente se si tratta del giorno prima di una gara importante come la maratona. Quindi via libera ai carboidrati, nelle giuste dosi ovviamente, senza ingozzarsi, per avere le giuste riserve di glicogeno nei muscoli, accompagnati da una porzione ridotta di proteine e, per quanto mi riguarda, poiché non mi creano alcun disturbo intestinale, anche della frutta e della verdura.

Il momento della cena è servito anche per consentire al “fan club” o team di supporto di concordare i punti strategici in cui farsi trovare per sostenere me e Angelo, mio amico e storico compagno di squadra oltre che di numerose gare.

In un batter d’occhio era già domenica mattina. Stranamente non ho dormito bene, ero agitata per la paura di non svegliarmi, alle 4:30 ho aperto gli occhi con la sensazione di essere in ritardo. Una volta riappoggiata la testa sul cuscino sono caduta in un sonno profondo, interrotto alle 6 dal suono, reale, della sveglia. Avevo calcolato di uscire intorno alle 7:50 per recarmi, di corsa, verso la zona di partenza: gli Champs Elysée. L’aria era pungente, sentivo la pelle d’oca sulla superficie delle mie braccia. Non avevo molta strada da percorrere, circa 2 km, perfetti come riscaldamento.

È stato facile trovare Angelo, la sera prima ci eravamo dati indicazioni precise su dove incontrarci. Avevamo deciso di correre insieme, dall’inizio alla fine.

L’attesa in griglia è stata più lunga del previsto e con un ritardo di quasi mezz’ora ha avuto il via la nostra maratona. Avevo una strategia ben chiara da seguire: correre i primi 10km a un ritmo medio di 5’30” e proseguire fino alla fine a 5’25”/5’20”. Questo per me rappresentava, dopo la maratona di Barcellona, il secondo allenamento lungo in preparazione della 100km del Passatore. Dovevo entrare nell’ottica di non correre con l’intenzione di finire i 42k nel minor tempo possibile, ma di finirli con facilità senza arrivare allo stremo delle forze, perché quando sarà il momento di correre il Passatore, finiti i primi 42km me ne mancheranno “solo” altri 58 di km (semi cit. del mio allenatore).

Sapevo che Angelo sarebbe stato prezioso nell’aiutarmi a condurre un buon allenamento, e io di contro ero convinta di potergli essere d’aiuto per portare a termine una bella gara in progressione.

Lasciandoci alle spalle l’Arco di Trionfo abbiamo corso lungo tutta l’Avenue degli Champs Elysée fino ad arrivare a Place de la Concorde. Passando poi per Place Vendome ci siamo diretti verso la meravigliosa Opéra, inaugurata nel lontano 1875. Proseguendo, lasciandoci sulla destra il Museo del Louvre siamo arrivati a Place de la Bastille, dove abbiamo trovato le nostre supporter a farci un tifo sfegatato. Il percorso ci ha portato fuori dalla metropoli, verso il Bois de Vincennes fino alla residenza reale del XII e XVIII secolo, Chateau de Vincennes. Mentre correvamo immersi nel verde, mi è venuto in mente il momento in cui durante la maratona di New York si entra in Central Park, e per un attimo mi è sembrato di tornare indietro nel tempo. Dopo alcuni km si è fatto ritorno alle strade cittadine. All’altezza del 25° km abbiamo incontrato Notre Dame, ed è come l’ho vista allora che la voglio ricordare, prima del terribile incendio che l’ha divorata a distanza di nemmeno 24 ore.

A quel punto abbiamo iniziato a correre lungo la Senna, attraversando tre sottopassi uno dei quali particolarmente lungo e angusto che per un attimo mi ha provocato una strana sensazione di malessere che per fortuna è passata subito dopo esserne uscita.

Di tanto in tanto mi assicuravo che Angelo rimanesse insieme a me voltandomi a cercarlo tra i numerosi runner. Oltre a scambiare qualche chiacchiera, ai punti di ristoro ci alternavamo per andare a prendere la bottiglietta dell’acqua, operazione sempre abbastanza complicata nel tentativo di farsi strada tra i runner senza inciampare né essere travolti. In questo modo riuscivamo a ottimizzare i tempi e soprattutto le risorse, dividendoci una bottiglietta e non sprecare inutilmente acqua: eravamo una squadra super collaudata.

I volontari presenti erano moltissimi, così come i vigili del fuoco dislocati ai punti di spugnaggio e lungo il percorso, alcuni addirittura arrampicati sui loro camion per fare il tifo, in perfetto stile americano più che parigino.

Abbiamo passato il 30° km incitati dalle grida delle nostre supporter che ci stavano aspettando, con alla nostra sinistra la Tour Eiffel. Poco dopo era stato allestito un punto di animazione con un finto muro, che rappresentava il simbolico muro dei 30 km in cui si imbattono i maratoneti, il momento più difficile della gara sia a livello fisico che mentale. C’erano deejay, musica e moltissime persone che urlavano cercando di distrarre i runner dalla fatica.

Io mi sentivo benissimo, stavo tenendo il giusto ritmo e non avevo alcun segno di stanchezza o cedimento. Senza fare troppe domande ho cercato di capire come stesse Angelo, che mi ha rassicurato con qualche breve frase e cenno della testa.

Abbiamo costeggiato un lato del grandissimo ippodromo Auteuil per poi addentrarci nel bosco del Boulogne all’altezza del 35° km. Era giunto il momento di giocarci le ultime carte e, una volta passato l’imponente e moderno edificio della fondazione Louis Vuitton al 39° km ho iniziato ad accelerare perché va bene non esagerare, ma la maratona la volevo comunque concludere con uno sprint finale.

Ho tolto i freni alle gambe e le ho lasciate libere di decidere l’andatura, per sfogarsi in quegli ultimi km. Avevo ancora energie in abbondanza. Arrivati a Porte Dauphine ho urlato al mio amico “ANGELO MANCANO SOLO 500m” e a quel punto ci siamo presi per mano e con tutta la forza che avevamo ancora in corpo ci siamo letteralmente lanciati verso la linea del traguardo.

Con un passo medio di 5’24” abbiamo chiuso la maratona di Parigi con un tempo di 3 ore e 53 minuti, come da programmi. Dopo aver alzato le braccia al cielo ci siamo girati l’uno verso l’altra e ci siamo dati il cinque: avevamo fatto entrambi un ottimo lavoro!

Non sentivo alcun indolenzimento né fastidio all’inguine come mi capita talvolta dopo aver corso a lungo. Ho cercato di ascoltare che sensazioni mi stava trasmettendo il mio corpo e ho avuto solo segnali positivi: avevo corso senza strafare né esagerare, in perfetta linea per la preparazione della mia 100km. Vedevo Angelo accanto a me sorridere, era altrettanto soddisfatto della sua performance, potevamo gioire insieme del nostro successo!

Ero davvero felice perché ero stata bene dal primo all’ultimo km, ottimo segnale per gli impegni futuri. Dopo aver recuperato la medaglia e la maglia del finisher ci siamo ricongiunti con le nostre supporter che hanno contribuito a rendere questa maratona una grande festa. Ho abbracciato forte mia mamma, la persona che mi ha sempre sostenuto nelle mie imprese sportive fin da quando ero bambina, talvolta sacrificando molto del suo tempo.

Domenica pomeriggio, passeggiando per le strade di Parigi con la medaglia al collo ripensavo alla maratona appena corsa, a quanto mi fosse piaciuta e mi facesse sentir bene. Amo quando per strada incontro altri maratoneti e, pur non conoscendoci, ci scambiamo congratulazioni a vicenda, oppure quando perfetti sconosciuti ti sorridono e ti fanno un cenno di vittoria. Perché in fondo portare a termine una maratona è sempre una vittoria, a qualunque livello la si corra.

Grazie Parigi per avermi fatto sentire come a casa.

A bientôt!

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