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La mia Milano Marathon

L’8 aprile 2015 è una data che mi rimarrà impressa nella memoria, perché è il giorno in cui mi sono laureata in lingue e letterature straniere. Esattamente 3 anni dopo, l’8 aprile 2018, mi sono trovata nuovamente a festeggiare ma per un motivo diverso: ho chiuso la mia quarta maratona, la Milano Marathon, con tanto di personal best. Dovrei cominciare a considerarla una data fortunata?

L’esperienza delle precedenti maratone non ha arginato l’agitazione pre gara. Nonostante amici e parenti cercassero di tranquillizzarmi con parole di sostegno e supporto, le farfalle nello stomaco non passavano: mi succedeva anche da piccola, quando partecipavo alle gare di ginnastica aerobica sportiva. Fa parte del mio carattere, sono sempre stata emotiva, e quando tengo molto al raggiungimento di un determinato risultato mi lascio un po’ prendere dall’ansia.

Sabato pomeriggio mi sono recata al MiCo LAB in Piazzale Carlo Magno 1, nel nuovo quartiere City Life, per ritirare il mio pettorale e il pacco gara. Presentare la lettera di conferma, prendere finalmente in mano quel pezzo di carta con sopra scritto il mio nome, ritirare la maglietta ufficiale della manifestazione griffata Emporio Armani (forse la più bella maglietta che abbia mai ricevuto in un pacco gara, per design e materiale), aggirarmi tra gli stand e curiosare tra i tanti prodotti, tra cui ho trovato un fantastico paio di occhiali da sole che non vedo l’ora di provare sul campo, e fare tante foto ricordo di quel momento che precede la maratona: è diventato un piccolo rituale che mi piace ripetere in tutte le gare.

Prima di andare a dormire era tutto pronto: l’abbigliamento steso sul letto, il marsupio carico di carbogel, la sacca trasparente da lasciare al deposito borse pronta con l’occorrente pre e post maratona. Ma non ero l’unica ad essermi preparata: anche le persone che mi avrebbero “inseguito” lungo il percorso per farmi il tifo e sostenermi si erano perfettamente organizzate con mappe e biglietti della metro. Mi riferisco a Stefano, Angelo, mia mamma, mio papà e Kylie (il mio cane).

Arriva domenica mattina, con la sveglia che suona alle 5:30. Preferisco svegliarmi con abbondante anticipo per dar tempo al metabolismo di attivarsi bene e potermi preparare con calma. Faccio colazione con l’ennesima fetta di crostata: dopo averne mangiata in quantità anche il giorno prima, non è invitante come al solito, ma la mangio lo stesso perché so che mi darà le energie necessarie per correre. Mi vesto mettendo il cambio nella sacca, pantaloncini e maglietta li indosserò una volta arrivata nei giardini Indro Montanelli negli spogliatoi appositamente allestiti per l’evento. Mi metto un filo di matita e quel poco di mascara waterproof (consiglio per tutte le runner, io uso i prodotti di Pupa Sport Addicted, sono eccezionali, super resistenti, da me approvatissimi!) per far apparire il mio sguardo più sveglio nonostante l’ora. Sistemo le trecce che mi fanno sembrare la Katniss di Hunger Games e sono pronta per raggiungere i miei compagni di squadra, il De Ran Clab.

Quando ci muoviamo tutti insieme sembra di tornare ai tempi delle gite scolastiche, ma senza professori. C’è lo stesso entusiasmo, la stessa allegria e spirito di divertimento. Stando in loro compagnia sono riuscita a tranquillizzarmi e scrollarmi di dosso un po’ di agitazione. Scesi dalla metro alla fermata Turati ci dirigiamo verso il gate P3 per accedere ai giardini Indro Montanelli, l’ingresso per noi più comodo tra i 4 allestiti. Ad attenderci una lunga fila di runner in attesa di fare i controlli con i metal detector per potersi poi avvicinare alla zona di partenza. Passati i controlli non resta molto tempo. Saluto chi correrà più tardi la staffetta, la Relay Marathon e mi reco verso le griglie di partenza. Ho trascorso gli ultimi minuti di attesa osservando i runner che mi circondavano, e immaginando cosa stessero pensando in quel momento così carico di tensione. Alle 9 in punto prende il via la maratona.

La partenza è sempre ricca di adrenalina, e per questo ricca di insidie. Si parte carichissimi, per poi dover fare i conti più avanti con un calo improvviso di energia. Dopo il primo km, decisamente troppo veloce, decido di voler gestire al meglio la gara, quindi tiro il freno a mano e rallento. Si potrebbe pensare che rallentare sia più semplice che accelerare, non è così. Cerco di trovare un’andatura “comoda”, che mi permetta di tenere un buon ritmo senza affaticarmi troppo. La trovo e cerco di mantenerla.

All’altezza di via Senato mi si affianca Daniela, un volto a me nuovo, che reputando buona la mia andatura decide di farmi compagnia. Involontariamente mi sono tramutata in pacer, cosa che mi inorgoglisce. Cominciamo a chiacchierare. È bello chiacchierare con Daniela, parliamo delle nostre esperienze in gare passate e dei nostri obbiettivi futuri. Proseguiamo insieme fino al 25° km poi sento le incitazioni di Stefano e Angelo, i miei supporter, così li raggiungo per andare a battere il cinque con la mano. Probabilmente solo chi corre può capire cosa significhi avere il tifo delle persone a cui vuoi bene, vederle incoraggiarti e gasarti. È meglio di qualsiasi carbogel presente sul mercato, energia allo stato puro. Tra l’euforia e un gruppo di runner perdo di vista Daniela.

Arrivo al Parco di Trenno, in corrispondenza del 28° km, un po’ accaldata. Mi sono pentita di aver messo la maglietta, sarei stata più fresca con la canottiera. Per rimediare, ai punti di spugnaggio mi inumidisco polsi e braccia per avere un po’ di sollievo. Preparo il carbogel da prendere in corrispondenza del 30° km per poi avere anche a disposizione un goccio d’acqua presa al volo al ristoro. Ringrazio sempre a gran voce tutti i volontari che ai ristori preparano le bottigliette o i bicchieri d’acqua da passare a noi maratoneti, sono preziosi, specialmente in giornate calde come domenica.

Dopo il 30° km arriva la parte più difficile. Le gambe cominciano a dare i primi segnali di insofferenza e la fatica si inizia a sentire. Sono all’altezza di Lampugnano e penso al famoso “muro del 30° km”: mi ripeto che “il muro non esiste”. Proseguo tranquilla sulla mia strada. È al 35° km, quando vedo di nuovo Stefano ed Angelo a bordo strada, raccolgo tutto il fiato che ho in gola e grido “IL MURO NON ESISTE”. Davanti a me c’è solo la strada che conduce in Corso Sempione, non c’è nessun muro, nessun ostacolo alla mia corsa verso il traguardo.

Manca poco all’arrivo. Alterno km con andatura più veloce a km più lenti, la stanchezza c’è, ma non voglio essere sopraffatta. Aspetto di raggiungere il 40° km e l’ultimo ristoro per prendere il quarto e ultimo carbogel, che mi servirà per lo sprint finale.

Sento la gente che grida “dai che ci siete quasi, è finita”. La musica di RDS che suona da uno dei palchi dislocati lungo il percorso distrae dalla fatica. Raccolgo tutte le energie per gli ultimi due sali-scendi che mi aspettano prima dell’arrivo e li supero. Una volta iniziata la discesa inizia lo sprint finale. Con un’energia che non pensavo di avere aumento a poco a poco la velocità fino a non sentire quasi più le gambe. Vedo i cartelli che segnalano gli ultimi metri. 350m. 300. 250m. Nell’ultimo tratto sento a stento anche le voci dei miei genitori. Il timer segna 03:43:49: voglio arrivare entro lo scoccare del 44° minuto. Aumento il ritmo superando alcuni runner davanti a me e taglio il traguardo a 03:44:02, senza più fiato in gola. Il minuto è scoccato ma sono felice, perché qualsiasi sarà il real time sarà inferiore al tempo segnato al mio passaggio sotto al traguardo, e questo significa solo una cosa: PERSONAL BEST!

La fatica e la stanchezza improvvisamente mi assalgono mentre mi dirigo verso l’uscita. Cammino piano e con lo sguardo cerco tutti i miei supporter, non vedo l’ora di abbracciarli e abbandonarmi ai loro complimenti.

Siamo stati in 5553 a tagliare il traguardo della maratona, 251 in più rispetto all’anno scorso. Con il tempo di 3 ore 42 minuti e 44 secondi mi sono piazzata alla posizione 1910 della classifica generale. Alla 18° edizione la Milano Marathon ha abbattuto il muro dei 17.000 classificati totali, sommando la maratona e la staffetta. Sono felice del risultato e auguro a Milano di raggiungere numeri sempre più alti. Sono contenta di aver preso parte e aver contribuito al successo dell’evento, ma anche per aver raggiunto il personal best. Ma soprattutto sono felice che questo sia accaduto a Milano, nella mia città, perché Milano (ed io) loves Marathon.

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