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Napoli City Half Marathon

Questa mezza maratona meritava più di qualche veloce e fugace parola. Non una gara da ricordare per la prestazione, senza infamia né lode ma che lascia intravedere qualche timido segnale incoraggiante per il futuro. La verità è che non sono (ancora) capace di gestire le mezze maratone, come non ha mancato di ricordarmi coach Matteo. Analisi della gara a parte, correre a Napoli è stato speciale. Forse anche perché ho corso con indosso i panni di un napoletano doc (grazie Angelino per avermi prestato la tua canotta!).

Sono stata accompagnata e a mia volta ho accompagnato qualcuno nella sua gara. Ho iniziato a correre con al mio fianco Carol, l’amica con cui ho organizzato la trasferta in quattro e quattr’otto, che ha preso in mano la situazione e ha dettato il ritmo fino a oltre metà gara. Abbiamo corso insieme i primi 13km che da Viale Kennedy ci hanno portato sul lungo mare passando attraverso una lunga galleria in discesa. La stessa galleria che avremmo dovuto ripercorrere al diciannovesimo chilometro ma in direzione opposta, e quindi in salita.

Moltissime delle gare a cui partecipa Carol sono in veste di pacer. Senza che ci sia stato bisogno di chiedere le è venuto spontaneo prendere in mano le redini della situazione, ed io sapevo perfettamente di potermi fidare di lei e della sua esperienza. La bravura di Carol non è passata inosservata, e senza che avesse palloncini, vele né un incarico ufficiale, ha attirato l’attenzione di qualche altro runner che ha chiesto di potersi unire a noi. La determinazione e la grinta di chi ha corso 112 maratone con un personale di 3 ore 14 minuti e spicci trasparivano dal suo modo di muoversi, dal suo incedere e dal tono della sua voce. La mia amica è una forza della natura!

Dopo il giro di boa ho iniziato ad annebbiarmi leggermente, ed ho capito che molto probabilmente non sarei riuscita a reggere quel ritmo fino a fine gara. Storie di gare già vissute qualche settimana fa prima a Novara e poi a Barcellona. Mi sono staccata da Carol senza sapere che poi avrei proseguito sulla mia strada con Pietro. Dopo qualche chilometro corso insieme gli domando “Pietro di Roma, ho sentito bene?”. La risposta era così evidente da non esserci nemmeno bisogno di porre la domanda, che invece ho pronunciato a voce alta. Ovviamente Pietro era di Roma.

Abbiamo affrontato insieme la fatidica galleria già attraversata nei chilometri iniziali, meno terribile di quanto mi aspettassi, e persino più breve di quanto mi ricordassi. Davanti a me ho scorto una ragazza con cui ci eravamo sorpassate a vicenda per tutto il corso della gara. L’ho notata e ricordata per la fascia rosa che aveva tra i capelli senza essere mai riuscita a vederla in faccia. Usciti dalla galleria mancavano circa gli ultimi 2 chilometri. Un po’ alla volta Pietro ed io abbiamo recuperato terreno e l’abbiamo raggiunta proprio quando mancavano gli ultimi 200 metri. L’ho affiancata sulla sinistra, Pietro sulla destra e le ho detto “Vieni con noi, andiamo!”. La ragazza mi ha risposto chiamandomi per nome (lì per lì ho pensato che l’avesse sentito pronunciare da Pietro) dicendomi di non farcela, di non sentirsi più le gambe. A quel punto le ho allungato la mano e le ho urlato di stringere i denti, non mollare perché ormai il traguardo era lì, lì davanti a noi, sempre più vicino.

Ho dato uno slancio ad Angela così da farla passare sotto l’arco d’arrivo e una volta passate entrambe ci siamo abbracciate forte. Solo dopo ho capito che la ragazza che mi stava ringraziando per averle dato la forza di reagire era Angela. Non le ho confessato lì per lì di non averla riconosciuta subito. Forse lo scoprirà come voi proprio da queste righe e per questo mi scuso con lei, ma a pensarci è pazzesco esserci incontrate casualmente a Napoli dopo esserci scambiate solo qualche messaggio sui social!

È un gesto che avrei fatto con chiunque si fosse trovato lì in quel momento. A Napoli il caso ha voluto che ci fosse Angela e solo lei conosce il significato che ha avuto. Nemmeno io lo posso capire fino in fondo, ma quello che ho capito è che per lei è stato molto importante e significativo. Angela mi ha scritto ringraziandomi sinceramente, dicendomi che aveva ancora molto da imparare dal mondo della corsa (era solo alla sua seconda maratona!) ed io quel giorno le avevo insegnato qualcosa di molto importante.

Non sono una coach né tanto meno mi definisco una motivatrice o “la persona che ti farà raggiungere i tuoi obiettivi”. Ma state pur certi che se doveste incontrarmi sulla vostra strada e vi trovaste in condizioni di avere bisogno di aiuto, potrete contare su di me. Perché la corsa non è solo condivisione via social o una parola alla moda di cui scrivere e parlare senza conoscere il significato pratico del termine. A me la corsa piace condividerla nel concreto, in occasioni come quella di domenica con persone come Angela, Carol, Ale e Mario che tra l’altro ci ha ricordato tutta la bellezza mista all’agitazione e l’emozione che si prova a correre la prima mezza maratona. Ognuno a modo suo ha condiviso con me una parte di questa trasferta napoletana che, inutile a dirsi, conserverà un posto speciale nel mio cuore e nella mia memoria per questo e altri motivi e aneddoti che ricorderò a suon di risate con chi li ha vissuti insieme a me.

Teste vuote bocche piene mani in mano
Rotterdam Marathon

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