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Costa Azzurra unposted

Non ero mai stata in Costa Azzurra. Quel che ricorderò di quei territori sarà l’odore della naftalina, che mi ha riportato indietro nel tempo alle domeniche trascorse a Pavia a casa di mia nonna Angela. Ricorderò le boulangerie e tutto il ben di Dio che ho trovato varcando la loro soglia di ingresso: tarte tatin, canneles, croissant, pain au chocolat. Ma anche baguette farcite, croque monsieur, pan bagnat.

Dei quattro giorni trascorsi in Costa Azzurra ricorderò i saluti delle persone incontrate lungo la strada, “bonjour” pronunciati con un sorriso sincero di accompagnamento, talvolta accompagnato anche da un gesto di incoraggiamento, come a dire “alé alé brava, avanti così” com’è successo con quei due signori a pochi chilometri dalla cima del Col de Braus.

Questi sono solo alcuni aspetti che rimarranno impressi nella mia memoria insieme a tutte le strade percorse in quelle giornate.

Giovedì 17 marzo: giorno 1

Il primo giorno ha previsto una quindicina di chilometri di trasferimento da Ventimiglia a Roquebrune Cap Martin. Con Mattia abbiamo optato di partire da Milano in treno mercoledì sera e dormire a Ventimiglia in modo da riuscire a iniziare a pedalare già l’indomani.

Depositato lo zaino all’hotel Reine d’Azur che sarebbe stata la nostra base per i giorni a seguire ci siamo messi in sella per quella che si sarebbe stata una lunga giornata.

Abbiamo fatto partire sui nostri Garmin la traccia da seguire e precedentemente caricata. È Mattia che si incarica di disegnare il percorso con l’aiuto di diversi strumenti e app (Strava, Street View, Google Maps).

Come consuetudine abbiamo scattato una foto in cima ad ogni colle raggiunto. La prima foto è sul Col de Castillon, la prima cima di giornata.

Dopo i 706m del Col de Castillon siamo passati ai 1607m del Col de Turini, pedalando su silenziose strade semi deserte.

È sul Turini che abbiamo incontrato Emmanuel, un ciclista belga che ha deciso di prendersi un anno sabbatico, caricare sulla sua bici tutto quello che gli sarebbe potuto servire e partire per un’avventura di dieci mesi.

“Non credo che partirei mai per un viaggio da sola” dico a Mattia dopo aver salutato Emmanuel e avergli augurato buon proseguimento e bonne courage. “Soffrirei di solitudine” aggiungo. Mattia d’altro canto mi risponde che potrei conoscere un sacco di persone e fare nuove conoscenze lungo il tragitto. Penso che forse abbia ragione.

Era già trascorsa mezza giornata e a lunghe salite sono seguite lunghe discese panoramiche. I tornanti si snodavano sul fianco della montagna, come la volessero stringere in un abbraccio. Per quanto non sia un’amante delle discese ho sperato che quelle non finissero mai.

Successivamente è stato difficile capire esattamente i colli incontrati lungo la nostra strada e i cartelli non ci sono stati di grande aiuto poiché fornivano informazioni contrastanti. A posteriori, con mappe e gps alla mano, abbiamo individuato i colli “misteriosi”: Col de la Porte e il Col de Rocaillon.

Alle 17 prima di imboccare la strada per il Col de la Madone abbiamo fatto la prima e unica sosta di giornata al Pain d’Aqui a l’Escarène, la boulangerie che nei giorni a seguire sarebbe stata una tappa fissa.

A pancia piena abbiamo fatto quattro conti per capire a che ora avremmo potuto scollinare e rientrare in hotel oltre che calcolare quante ore, o meglio decine di minuti di luce ci rimanevano. Dovevamo raggiungere i 922m di quota, dopodiché sarebbe mancata solo una discesa di 12 km circa che ci avrebbe fatto arrivare direttamente a Roccabruna.

Ho iniziato a pensare alla mia bici come una matita, che muovendosi tracciava una linea sottile ma continua. Guardando indietro potevo vedere il disegno che avevo realizzato mentre davanti a me potevo immaginare quello a cui avrei dato vita.

Non credo che guardare indietro sia sempre sintomo di debolezza, bensì di aver preso consapevolezza di quello che si è fatto così da guardare avanti con meno indugi.

Abbiamo raggiunto il Col de la Madone in anticipo rispetto a quanto pronosticato da Mattia. Ci siamo coperti, abbiamo acceso le luci e imboccato la discesa sulla strada di casa.

Venerdì 18 marzo: giorno 2

A colazione ho conosciuto i membri di NonSoloBiciTeam, la squadra lodigiana con cui è tesserato Mattia e con i quali avremmo condiviso i giorni a venire. Mi sono presentata a ciascuno di loro, dimenticando puntualmente i nomi un secondo dopo averli ascoltati. Mattia mi aveva descritto ciascuno di loro attribuendogli una peculiarità: Giulio per esempio è il presidente triatleta, Stefano l’ex corridore con origini di Viterbo, Achille il primo lodigiano ad aver partecipato ad un Ironman.

Ero l’unica donna in un gruppo di nove uomini. Niente di nuovo per me, ci sono abituata. Si poteva dire che valesse anche per loro? Come avrebbero preso la mia presenza nel gruppo?

Siamo partiti senza avere un programma ben definito a differenza di quello che accade normalmente con Mattia.

Abbiamo lasciato l’hotel prendendo la strada per il Col de la Madone che la sera prima avevo percorso in discesa. Sarà stata la luce del giorno, sarà stato il diverso senso di marcia, ma ho avuto la percezione di calcare per la prima volta quella strada. L’unica cosa familiare era il fondo stradale leggermente sconnesso che faceva “saltellare” la bici sia passandoci in discesa che in salita.

Ho tenuto il gruppo finché ce l’ho fatta, a un ritmo decisamente più impegnativo di quello a cui sono abituata a pedalare, per poi riprendere la mia andatura regolare e dosare le energie per fare in modo di concludere il giro sulle mie gambe.

Strada facendo, transitando da Peille e poi da l’Escarène ho capito che stavamo ripercorrendo il giro del giorno precedente in senso contrario. Come Pollicino segue le briciole di pane io seguivo la traccia immaginaria disegnata dalle ruote della mia bici solo poche ore prima.

Sul Col de Braus ho trovato ad aspettarmi solo una parte dei ragazzi, circa la metà mentre gli altri si erano portati avanti. Da qui abbiamo deciso di prendere per il Col de Castillon e deviare per il paese di Castellar prima di concludere il giro.

“Noi cosa facciamo, allunghiamo?”

Così io e Mattia abbiamo proseguito allungando prima verso la Turbie da una variante discretamente ripida e poi verso Gorbio (da me “simpaticamente” rinominato S-Gorbio) scoprendo una strada immersa nella boscaglia dove poter pedalare lontani dal traffico e nel silenzio più totale.

Sabato 19 marzo: giorno 3

Il primo pensiero del sabato mattina è stato fare gli auguri a mio papà per la sua festa. Prima che partissi si è raccomandato di stare attenta e farmi sentire. Gli ho risposto di stare tranquillo. Sapevo che mi avrebbe seguito sui social. A volte penso a come vivremmo questi momenti senza i social: alle telefonate in cui raccontarsi dove si è stati, cosa si è fatto, sorridere delle disavventure e condividere aneddoti. Invece tanto resta non detto ma visto sugli schermi di uno smartphone, e ammetto che un po’ la cosa mi dispiace.

Il secondo pensiero dopo essermi svegliata è andato alla classicissima che sarebbe partita a breve, la Milano-Sanremo. Non seguo molto il ciclismo professionistico ma questa gara ha qualcosa di speciale. Sarà che parte dalla mia città natale, oppure perché copre una lunga distanza, come quelle che piace percorrere a me. È bello immaginare Milano in fermento per la presenza dei corridori e degli appassionati accorsi per scattare foto ai propri beniamini. È l’immagine di una città viva, che accoglie un evento con passione e partecipazione. È l’immagine della città che tanto amo.

Ultimo ma non per importanza è stato il pensiero rivolto alla giornata che mi si sarebbe prospettata, un’altra sui pedali, una giornata in cui avrebbe prevalso lo spirito di squadra.

C’è stato tempo per tutto e per tutti: per conoscerci, far foto, far pausa e decidere insieme che strade prendere.

È stato sul Col de l’Ablé che Achille, per gli amici Chicco, mi ha detto “Sara sei una di noi!”. Avevo la risposta alla domanda che mi ero posta poco più di 24h prima, ovvero se avrebbero accettato la mia presenza nel gruppo.

Domenica 20 marzo: giorno 4

Dopo tre giorni di cielo coperto il quarto giorno è finalmente uscito il sole sulla Costa Azzurra. Come se nel nostro ultimo giorno si fosse voluta far vedere nelle sue vesti migliori, in tutta la sua bellezza.

Prima di partire per l’ultimo giro in bici Mattia ed io abbiamo salutato i ragazzi di NonSoloBiciTeam che sarebbero rientrati in macchina prima di noi. È stato bello conoscerli.

Il nostro ultimo giro è iniziato ripercorrendo strade già battute che ci hanno portato a Gorbio, per poi proseguire su altre nuove e inesplorate.

Abbiamo preso per il Col de la Banquettes e proseguito seguendo le indicazioni di una coppia di signori incontrati sul tragitto. Ne abbiamo approfittato per farci fare una foto insieme, evento più unico che raro dato che Mattia resta sempre dietro l’obiettivo.

Presto abbiamo lasciato l’asfalto per proseguire sullo sterrato per una decina di chilometri non preventivati. Chi mi conosce sa quanto provi poca simpatia per lo sterrato ma ho cercato di prendere la situazione con filosofia.

La variante gravel del Col de Farguet resterà sicuramente impressa nei miei ricordi, forse per le motivazioni sbagliate. Sbuchiamo al Col de Braus e a quel punto avevamo di nuovo la situazione sotto controllo.

Abbiamo puntato l’Esacarène, Peille e siamo rientrati a Roquebrune dall’altro versante del Col de la Banquettes.

Ci siamo caricati gli zaini in spalla e abbiamo puntato Ventimiglia, dove avremmo ripreso il treno per Milano.

Quel che ricorderò di questi quattro giorni saranno strade nuove su cui ho pedalato con la mia bici da corsa, perché si può stare a contatto con la natura lontani dal traffico cittadino anche su strade asfaltate e non necessariamente in sella a una gravel o mtb in mezzo ai sentieri. Basta saper scegliere i percorsi giusti.

Ma quel che più ricorderò sono e saranno sempre le persone che hanno condiviso con me anche solo una piccola parte di questa esperienza. Le chiacchiere scambiate a colazione, le risate fatte a cena. I sorrisi delle persone incontrate per strada e la disponibilità di chi ci ha indicato una fontana dell’acqua piuttosto che una direzione da seguire.

Qualunque cosa facciate e qualsiasi siano le vostre vesti siate gentili con gli altri perché potreste fare la differenza nella giornata di qualcuno.

 

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