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Three For Team Trail Race

Manca circa un mese all’inizio della primavera, anche se a Milano sembra essere arrivata in anticipo con le giornate che cominciano ad allungarsi e le temperature più miti. La mia voglia che scoppi la primavera va di pari passo con la voglia di andare al mare, per correre le prime ore della mattina inspirando a pieni polmoni il profumo della salsedine e perdere lo sguardo verso l’orizzonte.

Perché quindi non andare in trasferta ad Arenzano con un paio di amici e partecipare alla Three For Team?

L’idea è partita da Luca, esperto trail runner e proprietario insieme a Carlo e Filippo di Runaway, nuovo concept store che ha aperto le sue porte lo scorso 29 novembre in via Ugo Bassi 22 a Milano, quartiere Isola, che offre oltre all’esperienza di shopping per prodotti running e trail anche la possibilità di partecipare ad allenamenti ed eventi, running e non solo, e poter inoltre gustare un’ottima colazione (io vado pazza per la loro crostata!), merenda o aperitivo.

La Three For Team è una gara di trail running di 21km con 1100m di dislivello positivo da correre in terne di soli uomini, sole donne o miste. Si parte e si arriva insieme.

Nel mio piccolo avevo già partecipato a qualche gara di trail running e mi sono sempre divertita, perciò mi è sembrata una buona idea partecipare alla Three For Team, anche in vista della preparazione al Passatore che prevede un dislivello complessivo di circa 900m. Un po’ di corsa in salita non mi avrebbe fatto male e poi sarebbe stata una buona occasione per rivedere il mare dopo i lunghi mesi invernali.

A me e Luca si è aggiunto Carmelo, per gli amici Melo, e alle 6:30 di domenica mattina ci siamo messi in macchina alla volta di Arenzano.

Una volta partiti abbiamo iniziato a chiacchierare, chiacchiere da runners ovviamente, quindi gare, allenamenti e quant’altro, e tra un discorso e l’altro, complice anche un po’ di nebbia che aveva reso meno visibili i cartelli stradali, a un certo punto ci siamo resi conto di aver sbagliato strada e di aver imboccato l’autostrada per Piacenza e non per Genova.

Con una sgommata degna delle più classiche scene dei film abbiamo effettuato un cambio di direzione e abbiamo inserito il turbo per recuperare terreno. Si può dire che abbiamo iniziato la nostra corsa in anticipo. La partenza era prevista alle 9:30 e avevamo perso circa 40 minuti sulla tabella di marcia. In un lampo alle 9 siamo arrivati ad Arenzano, appena in tempo per ritirare i pettorali e prepararci.

A differenza delle gare su strada i trail prevedono l’adozione di materiale obbligatorio, che nel nostro caso consisteva in:

  • borraccia con riserva d’acqua (minimo 1/2 litro)
  • telo termico di sopravvivenza
  • fischietto
  • riserva alimentare (gel, barrette)
  • telefono cellulare in caso di emergenza

Ho riposto il necessario in un comodo camelbak in modo tale da avere tutto a portata di mano ed essere più comoda e libera possibile nella corsa. Non l’avevo mai usato prima ma per tutto c’è sempre una prima volta!

Schierati e pronti a partire c’erano 492 runners per un totale di 164 squadre, un bel po’ di persone quindi, anche se in realtà a me non sembravano poi così tante. Me ne sono resa conto solo dopo lo start quando mi sono trovata imbottigliata in un traffico di runners tra cui facevo fatica a farmi strada nel tentativo di non perdere di vista i miei due compagni di squadra.

I passi di corsa sono stati ben presto sostituiti da una camminata, nel tentativo di procedere senza disperdere troppe energie. Mi è venuta subito in mente la camminata alla Marco Olmo, leggenda del trail running, che durante le salite porta le braccia dietro la schiena, afferrandosi il polso con la mano opposta e proseguendo con il peso sbilanciato leggermente in avanti per aver il minor dispendio energetico possibile. Non sempre mi è stato possibile adottare questa camminata perché il percorso era costellato da grossi sassi e pietre, che rendevano l’appoggio instabile.

Già durante questa prima salita ho sentito i quadricipiti bruciare, e mentre il tempo scorreva i km sembravano non passare mai, come se il mio gps si fosse fermato. Quando è arrivata la discesa non sapevo se esserne contenta perché sentivo le gambe bloccate, come se non si ricordassero più come muoversi dopo tutta quella salita. Un passetto alla volta ho iniziato a corricchiare e, cercando di non distogliere l’attenzione dal dove appoggiassi i piedi, ho cercato di godermi il panorama mozzafiato della riviera ligure.

Il percorso si è snodato lungo i sentieri del Parco del Beigua, uno dei 120 geoparchi mondiali dell’UNESCO, in un’alternanza di sali e scendi, con il passaggio in un paio di guadi in cui mi sono prima arrampicata su una roccia e poi tenuta stretta a una fune per passare sull’altra sponda per non finire in acqua.

Ai tratti più difficili e tecnici ne sono seguiti altri più semplici e corribili, in cui io, Luca e Melo siamo riusciti a correre insieme, continuando le chiacchiere che avevamo iniziato in macchina, come si farebbe davanti a un caffè seduti al tavolino di un bar.

Insieme alla stanchezza, sia fisica che mentale, anche la temperatura è salita. Nel procedere mi sono resa conto di essere stanca perché le caviglie hanno iniziato a cedere più spesso sugli appoggi sconnessi, e in certi tratti scivolosi, dei sassi.

E proprio nel momento in cui Melo mi si è avvicinato per fomentarmi a superare la terna che era di poco avanti a noi, con una scarsa risposta da parte mia, come un miraggio in mezzo al deserto, ecco che il sentiero lascia spazio alla strada asfaltata.

Come un animale che era stato fino a quel momento chiuso in gabbia ho accelerato lasciando andare le gambe libere, con Luca stranito poiché non capiva da dove avessi sfoderato tutta quell’energia improvvisa e soprattutto perché non ne avessi fatto uso prima. La risposta era semplice: sono una runner da strada, l’asfalto è il mio habitat naturale.

Poco prima di tagliare il traguardo ci siamo schierati su un’unica fila e ci siamo presi per mano, alzando le braccia all’unisono in segno di vittoria.

Condividere con dei compagni una gara è sempre un’emozione, e questa volta è stato bello aver corso con Luca e Melo.

Al ristoro i volontari ci aspettavano con la focaccia ligure a cui è seguito un buon piatto di pasta al pesto.

E dopo esserci rifocillati? Non poteva esserci posto migliore che la spiaggia per goderci un po’ di meritato riposo in una fantastica domenica pomeriggio di sole.

Arrivata alla quinta edizione la Three For Team è una gara che vale la pena di correre, sia per un trail runner che per un runner da strada: l’organizzazione impeccabile di Emozioni Sport, dalla segnalazione del percorso, alla presenza di numerosi volontari lungo il percorso e ai due punti di ristoro, ha addolcito la fatica e mi ha regalato un altro bel ricordo da sommare al mio bagaglio di esperienze.

Chissà se in futuro non diventerò una brava trail runner…

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