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Correre è la mia vita, Giorgio Calcaterra

Il gesto della corsa è sempre stato naturale, appena le gambe iniziano ad andare sento che sto assecondando una pulsione primordiale che evidentemente fa parte del mio Dna. È una passione recondita, un bisogno innato che mi scorre nelle vene, il gesto che più di altri mi avvicina alla sensazione di libertà. Correre mi rende libero, questo è quello che provo.

Giorgio Calcaterra

Tra gli scaffali di una libreria, in un comune sabato pomeriggio, mentre curioso nel settore dei libri sul running attrae la mia attenzione il libro del maratoneta e ultramaratoneta Giorgio Calcaterra, Correre è la mia vita. Lo sfoglio e ne leggo qualche frase. È il libro che racconta la sua storia, la storia del 12 volte campione della 100km del Passatore e pluricampione mondiale sulla stessa distanza. Correre per 100 km è un gesto che la mia mente non riesce a concepire: come può un uomo correre così a lungo? Comincio a farmi un sacco di domande, la curiosità cresce, voglio saperne di più. Acquisto il libro e inizio la mia lettura.

Calcaterra è l’uomo dei record: nell’anno 2000 la rivista Runner’s World lo premia per aver corso ben 16 maratone in un anno con un tempo inferiore alle 2 ore e 20 minuti. E pensare che tutto ebbe inizio un po’ per caso nel quartiere di Trastevere dove Giorgio abitava da bambino. Da sempre restio alle imposizioni e alle regole rigide che alcuni sport osservano, nessuna disciplina sportiva lo faceva stare veramente bene, finché non ha iniziato a correre.

Durante la lettura ho riflettuto molto sull’importanza che Giorgio ha sempre dato alla libertà, quel diritto umano per lui imprescindibile, per il quale si è sempre lottato e su cui ha basato tutta la sua vita. Non ha mai accettato di diventare un atleta a tempo pieno perché l’idea di preparare poche gare con preparazioni mirate andava contro il suo principio di libertà, così ha deciso di intraprendere la carriera di tassista. Questo lavoro gli consentiva di avere il pieno controllo della sua giornata, che poteva gestirsi in perfetta autonomia tra le corse con il taxi e i suoi allenamenti.

Le prime vittorie non hanno tardato ad arrivare, e così gli organizzatori delle gare podistiche hanno iniziato ad invitarlo per le edizioni successive, inviti che Giorgio teneva ad onorare, prendendo parte a ciascuna gara. Nel “circo delle maratone” si conquistò ben presto l’appellativo di “anarchico”, per la testardaggine che lo contraddistingueva. Mentre il suo nome cominciava ad essere sulla bocca di tutti nell’ambiente podistico, si sono fatti avanti i primi sponsor, primo tra tutti Saucony, marchio americano che arrivò proprio nel momento in cui le scarpe di Giorgio avrebbero preso a correre da sole tanto erano usurate. Questi sono aspetti che rendono re Giorgio più umano ai miei occhi, un campione senza troppi fronzoli, capace di vincere più e più gare con scarpe ormai prive di ammortizzazione. Quasi mi ricredo quando ha inizio il capitolo delle ultramaratone, e torno a pensare di star leggendo le gesta della vita di un uomo dotato di superpoteri. Dalle pagine del libro traspaiono tutte le sensazioni e le emozioni positive ma anche negative che lo hanno accompagnato nelle sue incredibili imprese.

Un aspetto che mi ha molto colpito di Giorgio è il fortissimo valore dato ai legami con le persone, in primis ai suoi genitori e alle sue sorelle e poi agli amici, ai tifosi e alle donne che lo hanno accompagnato in periodi diversi della sua vita e che, per un motivo o per un altro, è quasi sempre riuscito a deludere. È l’immagine di un uomo semplice, a volte vincitore e a volte perdente, ma sempre pronto a lottare per ciò in cui crede, com’è anche successo per la sua lotta personale contro il doping. Ha sempre assunto una posizione chiara a questo proposito: gli atleti risultati positivi alle analisi antidoping andrebbero allontanati da qualsiasi competizione, perché vincere barando non rende campioni ma toglie merito ad altri che hanno raggiunto gli stessi risultati in maniera pulita. Una mentalità da vero campione.

Se avessi letto il libro qualche mese fa, quando lo incontrai all’expo village della maratona di Roma, gli avrei potuto fare un sacco di domande sulla sua vita, che per certi aspetti vedo simile alla mia, dalla scelta di essere vegetariano all’aver corso la sua prima Monza Resegone alla stessa età in cui anch’io ho partecipato per la prima volta.

Aver letto questo libro mi ha trasmesso tanta passione per questo sport, che tanto ti da quanto ti chiede. Mi è nata anche una curiosità: come sarebbe correre la gara che Giorgio tanto ha amato e ama, la 100km del Passatore? Non so se lo scoprirò mai, ciò che so è che da oggi in poi correrò con un obbiettivo in più: sentirmi libera.

21km di amicizia e passione, Milano Half Marathon
Fai ciò che ti rende felice: il mio 2017… di corsa

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